TEATRO CAIO MELISSO


Il Teatro Caio Melisso discende attraverso numerose trasformazioni, dal più antico teatro spoletino. Nel suo aspetto attuale, è opera di Giovanni Montiroli (1877 - 1880), ripristinato nel 1958, dopo un un lungo abbandono, da R. De Luca. Nel Cinquecento, caduto ormai il progetto di continuare la costruzione del palazzo della Signoria, rimaneva un vasto spazio fra l'Opera del Duomo e la Manna d'oro, che s'erano già innalzate sopra quell'edificio non compiuto. Non è noto a che fosse destinato allora quello spazio, ma non certo a rappresentazioni teatrali, perché sappiamo che queste si svolgevano fino alla metà del Seicento nel palazzo comunale o in sale private. Il luogo comincia a legarsi alle tradizioni teatrali spoletine quando vi viene allestito uno « stanzone per le pubbiche commedie» ricordato nel 1664: ma un «teatro» - ch'era forse lo stesso - esisteva già nel 1660 e pare fosse nato per iniziativa dell'Accademia degli Ottusi. L'interesse per il teatro era già allora molto diffuso e vivo a Spoleto, che aveva fra le sue mura anche numerosi autori di commedie come B. Campello, O. Castelli, G. B. Lauri, B. Luparini e il celebre L. Vittori, e aveva dato i natali a Giovanni Gherardi, capostipite di una delle più famose genealogie di Arlecchini e comici dell'arte; così nel 1668 quello «Stanzone» era divenuto un vero teatro con quattro ordini di palchi, uno fra i più antichi teatri italiani a palchetti. Il «Nobile Teatro», così s'intitolava, fu più volte rinnovato ma prima della trasformazione del Montiroli ebbe sempre struttura lignea: nel 1751 fu arricchito di decorazioni pittoriche, sipari e scene, che pare fossero pregevolissimi, e lo Iommelli musicò espressamente per la riapertura l'«Ipermestra» di Metastasio; nel 1817 Gioacchino Rossini partecipò come suonatore di contrabbasso ad una rappresentazione della sua «Italiana in Algeri» e fece appena in tempo ad ammirare le belle decorazioni settecentesche, prima che fossero in parte distrutte e in parte trafugate nel 1819 da ignoti fiorentini. Il teatro del 1819 era notevolmente inferiore al precedente ed era così poco amato dagli spoletini, desiderosi di averne uno più grande e più ricco, che alcuni cittadini tentarono di incendiarlo (1853).
L'inaugurazione del Teatro Nuovo nel 1864 segnò la completa decadenza del «Nobile» e il suo abbandono, che tuttavia non durò a lungo perché appena dieci anni dopo il Comune ne decideva il ripristino. Il progetto fu affidato all'architetto spoletino Giovanni Montiroli. Il teatro, consegnato nel 1880 completamente rinnovato, fu in quella occasione intitolato Caio Melisso, in onore allo spoletino amico di Mecenate, bibliotecario di fiducia di Augusto, scrittore, commediografo e grammatico, la cui opera è completamente perduta.

(tratto da: L'Umbria, Manuali per il territorio, Ed. Edindustria Roma 1978)